La storia del Sulcis Iglesiente è molto antica. Il suo fascino risiede nella forza del maestrale, che spazza il mare turchese della costa sud occidentale della Sardegna, lì dove la terra scavata è rossa.
Il Sulcis Iglesiente è una subregione storica della Sardegna, collocata nell’estrema area sud occidentale dell’isola. Ricade nella provincia di Sud Sardegna e comprende, all’incirca, i territori da Teulada a Fluminimaggiore.
Si tratta di una zona della Sardegna dalla storia antichissima. Occupata prima dalle civiltà nuragiche, ha visto passare Fenici, Cartaginesi e infine i Romani.
Numerosi comuni del Sulcis Iglesiente fanno parte del Parco Geominerario patrimonio UNESCO della Sardegna, perché qui, fino agli anni ’60 circa, l’attività d’estrazione mineraria è stata davvero intensa.
È una terra “primitiva”, le cui suggestioni sono destinate a lasciare una traccia indelebile nella memoria di chi ama la Sardegna selvaggia – con buona pace delle very (non) important people.
Voglio dartene un piccolo assaggio.
Il Sulcis Iglesiente
Cosa vedere nel Sulcis Iglesiente
Anche questa volta è doveroso fare alcune premesse. La prima riguarda il fatto che questo viaggio in Sardegna, tra il Sulcis e l’oristanese, è stato condotto secondo un principio: no stress.
Resistere alla tentazione di delineare un itinerario fitto di tappe è stato impossibile. Però, ha vinto l’esigenza di andare con calma, accettare gli imprevisti e fare solo quello che più ci andava di fare al momento.
È vero che scriverò soprattutto di spiagge, ma credere che nella Sardegna sud occidentale si possa solo andare al mare è un errore. Appunto, la mia è stata una scelta di relax e avrei potuto visitare musei, città e via dicendo.
In questo articolo, dunque, ti parlerò solo di alcune destinazioni di questa regione. Spero comunque di suscitare in te tanta curiosità.
Tuerredda (Teulada)


Comincio con un luogo che avevo tanto desiderato vedere. Mi sono dovuta accontentare di un panorama incantevole e niente di più.
Tuerredda è una delle spiagge più belle di Teulada, caratterizzata da un mare di un intenso color turchese. È a numero chiuso, per cui dispone di un massimo di un migliaio di posti, tra spiaggia libera e spiaggia privata.
Nonostante fossimo giunti a Tueredda poco prima delle 10 del mattino, abbiamo trovato tutto esaurito. Solo il posto presso lo stabilimento privato è prenotabile, per cui la spiaggia libera va monitorata consultando costantemente il sito Spacli di Tueredda.
Chia (Domus De Maria)


Poiché non ci è stato possibile recarci a Tueredda, abbiamo deciso di fermarci a Chia e, nel particolare, alla spiaggia di Su Giudeu. Anche Chia, frazione di Domus De Maria, appartiene alla subregione del Sulcis, ma l’ho scoperto solo dopo.
Qui s’è creata una situazione del tutto singolare (per me): il maestrale era tanto impetuoso che a star sdraiati sulla sabbia ci si faceva male. Eppure il mare era piuttosto calmo, splendido. È stata la mia prima sana nuotata in terra sarda, per questo secondo round.
A Su Giudeu si arriva lasciando l’auto in un grande parcheggio a pagamento (5€ per l’intera giornata), percorrendo a piedi un lembo di sabbia e dopo aver superato uno stagno. La spiaggia è sabbiosa e molto ampia, ospita piccoli stabilimenti balneari e per il resto è libera. Come dicevo, anche con il vento forte il mare resta abbastanza calmo. Poiché il fondale è basso e si fa profondo molto gradualmente, è perfetto per i bambini e le persone che non amano rischiare in acqua.
Masua (Iglesias)


Proprio nei pressi di Masua e Nebida si trovano alcuni dei simboli più rappresentativi del Sulcis Iglesiente: il Pan di zucchero, Porto Flavia e la Laveria Lamarmora.
Masua è una piccola frazione di Iglesias, la città in cui abbiamo soggiornato. Si trova sul mare, immediatamente dopo Nebida. Qui la costa è costituita per lo più da tante piccole insenature rocciose – a Masua le pietre sono scure e friabili.
A causa del vento, qui il mare è quasi sempre piuttosto turbolento. Infatti, io non sono andata molto più in là della riva. Se pensi di soffermarti più giorni in zona, ti consiglio di tornare quando è calmo: ti godresti meglio il paesaggio e, volendo, potresti anche fare un giro in barca, in pedalò o sup e ammirare il faraglione più da vicino 😉
Porto Flavia


Avrei voluto osservare Porto Flavia dal mare, ma le condizioni ambientali non sono state favorevoli durante la nostra permanenza in zona. Ragion per cui, ci siamo limitati a visitare la galleria di carico.
Mr. S non è stato particolarmente entusiasta, mentre a me la visita non è dispiaciuta affatto. Se ti è possibile, fai la visita quasi al tramonto: il Pan di Zucchero al calar del sole è molto suggestivo.


Dal belvedere di Porto Flavia, ho visto che oltre Masua ci sono altre spiaggette. Si raggiungono dal parcheggio di Porto Flavia, percorrendo delle scalette o stradine laterali un po’ scoscese. Sono piccole, ma estremamente appartate. Magari, se il vento permette, facci un pensierino 😉


Ps: sei curioso di vedere Porto Flavia? Dai un’occhiata a questo video di Visit Sud Sardegna.
Buggerru


Buggerru è una delle località di mare a nord di Masua. L’abbiamo raggiunta dopo diversi chilometri di curve tra colline e assoluta assenza di esseri umani.
Il primo punto di interesse, molto noto, che si incontra lungo la strada è Cala Domestica. Questa spiaggia è considerata una delle più belle del sud della Sardegna. Non ho preferito fermarmi lì, per diverse ragioni: la spiaggia è piccola e già nelle sue prossimità ho notato un certo “traffico”, non era detto che il mare non fosse agitato.


Buggerru è una tranquilla località di mare, da quel che ho visto adatta soprattutto a famiglie. Nel suo territorio ricadono lunghissime spiagge dalla sabbia dorata e dal mare infuriato. Infatti, un po’ come succede a Gonnesa (Fontanamare, Porto Paglia, ecc), le immense spiagge di Buggerru sono frequentate da surfisti. E a me è piaciuto tanto osservarli!
Un bel bagno rilassante a Buggerru non si può fare? Sbagliato! Proprio in prossimità del porto turistico, laddove è possibile vedere un altro esemplare di miniera fantasma, è stata ricavata una spiaggetta libera dove c’è spazio a sufficienza e il mare resta calmissimo. Ok, non siamo stati a Cala Domestica, ma poco male, perché siamo stati benissimo lo stesso.
Sant’Antioco e Carloforte


Sai perché il Sulcis si chiama così? Perché prede il nome dall’antico insediamento fenicio, Sulkis, situato nell’attuale isola di Sant’Antioco.
Sant’Antioco è collegato alla “terraferma” da un lungo ponte, per cui non è necessario imbarcarsi per raggiungerla. La cittadina di Sant’Antioco andrebbe visitata per bene, proprio perché conserva i resti delle passate dominazioni pre- romane e romane. Noi non ne abbiamo avuto il tempo, tant’è che nei nostri desideri c’è l’intenzione di tornare e soggiornare proprio a Sant’Antioco.
Le spiagge dell’isola sono numerosissime e, il più delle volte, sono piccole calette, nei pressi delle quali ci sono area di sosta per camper, piccoli villaggi, trattorie. La strada per raggiungerle è deserta, assolata e ricca di arbusti.


A Sant’Antioco abbiamo fatto il bagno a Cala Sapone, dove c’è un piccolo lido e tanta spiaggia libera. Questa è l’ideale sia per chi ama la sabbia sia per chi ha preferenza per le rocce. Ci siamo arrostiti per bene, camminando sugli scogli!
Cala Sapone è molto ventilata e il mare è calmo, a riva la sabbia è rosa grazie ai residui di corallo. Insomma, è una spiaggia deliziosa.


Non avevo intenzione di fermarmi qui, a dire il vero. L’idea era quella di raggiungere Calasetta e fare il bagno negli immediati dintorni. Invece, abbiamo visto Cala Sapone lungo la strada e abbiamo deciso di fermarci, perché ci è subito piaciuta.
Calasetta si trova all’estremità settentrionale dell’isola ed è un grazioso borgo marinaro, da cui ci si imbarca per l’Isola di San Pietro. Ecco perché non siamo rimasti di più a Sant’Antioco: dovevamo raggiungere l’altra isola dell’Arcipelago del Sulcis.
In circa mezzora di traversata (senza auto), siamo arrivati a Carloforte. Il biglietto per il traghetto da Calasetta costa 8,50€ a/r a persona (più diritti di prenotazione).
Carloforte è un centro molto bello e curato, tant’è che è considerato tra i borghi più belli d’Italia.


Le sue caratteristiche più note sono almeno due: la tradizionale produzione del tonno e il dialetto tabarkino.
Perché a Carloforte si parla il tabarkino? Il dialetto è una mescolanza di sardo e di genovese. Infatti, l’isola fu colonizzata da un gruppo di liguri provenienti dalla Tunisia. Avendo quest’ultimi occupato la città di Tabarka, il dialetto di Carloforte è definito tabarkino. Qualcosa mi è giunto alle orecchie, passeggiando per le strade, e non ho capito un bel nulla!


Ad ogni modo, anche a Carloforte abbiamo avuto occasione di fare un breve tuffo. Infatti, avevamo preso davvero troppo sole e io iniziavo ad evaporare: rinfrescarmi era diventata una forte necessità fisiologica.
Ebbene, a pochi passi dal porto di Carloforte, c’è la spiaggetta di Dietro a Forni. Si tratta di una breve e sottile striscia di sabbia e ciottoli, frequentata soprattutto dalle persone che vivono sul posto. Abbiamo trovato solo pochi bagnanti e abbiamo trascorso un’ora piacevole.


Di certo, esistono spiagge molto più belle presso l’Isola di San Pietro. Avendo più tempo a disposizione, il giro dell’isola in barca è d’obbligo!
Questa carrellata di luoghi non esaurisce tutto quel che c’è da raccontare del Sulcis. L’ho lasciato a malincuore, anche se entusiasta di conoscere i dintorni di Oristano. Al Sulcis ho detto un affettuoso “Arrivederci!”
A presto,
Bruna Athena