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Leggi, guarda, senti. Dal romanzo al film #1: Vita di Pi

Vita di Pi è un romanzo scritto dall’autore Yann Martel e da cui è stato tratto l’omonimo film, uscito nel 2012 e diretto da Ang Lee.

Vita di Pi è il racconto della straordinaria esperienza esistenziale di Piscine Molitor Patel, un ragazzo che vive nell’India francese.

 

Piscine, detto Pi per motivi che non voglio qui svelare, prende il suo singolare nome da una piscina francese, che suo suo zio amava molto frequentare. È un ragazzo sui generis e non soltanto per il nome, infatti appartiene ad una famiglia che, tendenzialmente, vive ispirandosi a principi laici, eppure il giovanissimo Pi sviluppa un personale senso della spiritualità. Indù di adozione, decide di diventare anche cristiano e musulmano. Pi non si accontenta di contemplare la divinità solo attraverso la varietà induista, ma si accosta alle due grandi fedi monoteiste, affascinato dal forte senso di umanità del Cristianesimo e dal senso di fratellanza dell’Islam.

 

Un giorno, la famiglia di Pi decide di trasferirsi in Canada: suo padre dirige lo zoo della città di Pondicherry, ma è costretto a chiudere i battenti. Da questo momento in poi nella vita di Pi avviene una svolta decisiva, poiché si ritrova a dover superare una prova terribile. Pi sarà costretto a sopravvivere in condizioni estreme; la sua fede e la sua volontà di vivere saranno messe a dura prova; i suoi principi etici vacilleranno. La sua avventura straordinaria sarà tanto potente da spingere un giovane scrittore a conoscerla, spinto dall’intenzione di comprenderne il significato.

Vita di Pi è un romanzo d’avventura, che in ogni caso, per quanto possa sembrare incredibile la storia, mantiene alta la tensione nel lettore. Altrettanto fa il film tratto dal romanzo, al quale sono stati consegnati ben quattro premi Oscar: miglior regia, miglior fotografia, miglior effetti speciali e miglior colonna sonora: su almeno i primi tre non si può aver nulla da ridire!

 

Le differenze tra romanzo e pellicola sono davvero minime, non modificano l’aspetto sostanziale della storia. Però, e non so a cosa attribuire la caratteristica di cui sto per parlare se non alla bravura del regista e agli effetti speciali, il film in certi momenti è nettamente più emozionante del libro: se la commozione non viene leggendo, quanto meno giunge guardando e ascoltando.

Non so se si può dire che Vita di Pi sia per tutti (ammesso che esistano libri/film che possano piacere a tutti!), proprio per questo suo aspetto un po’ surreale.

 

A questo punto, caro lettore, se non hai mai sentito parlare prima né del film né del libro, è meglio che termini qui la tua lettura. Avrai notato, forse, che non ho fatto esplicito riferimento a ciò che accade a Pi, in seguito alla decisione della famiglia di levare le ancore per il Canada. Credo tuttavia che il finale di questa storia vada commentato e non posso non far riferimento chiaramente a ciò che è accaduto.

 

Vita di Pi ha un finale da interpretare. Viene raccontato del suo incontro con una rappresentanza giapponese, che vuole indagare sul naufragio della nave su cui la famiglia di Pi s’era imbarcata per raggiungere il continente americano. Tale incontro viene narrato anche nel film, nel quale però il passo fondamentale per l’interpretazione è inserito nel contesto dialogico in cui sono inseriti Pi e lo scrittore a cui racconta la sua storia. L’avventura di Pi ha dell’incredibile: come fa un adolescente a sopravvivere sua una scialuppa, per più di 200 giorni, in compagnia di una tigre del Bengala? Davvero c’erano sulla piccola imbarcazione con Pi, inizialmente, una zebra, una iena ed un orango? Pi non mette mai in dubbio tale versione, ma quando capisce che questa per i giapponesi non è affatto convincente, racconta loro di essersi messo in salvo sulla scialuppa assieme a sua madre, un marinaio e il cuoco di bordo. Quest’ultimo uccide il marinaio e la madre di Pi, ma è il ragazzo che a sua volta gli toglie la vita. Anche i giapponesi capiscono che ognuno di loro rappresenta uno degli animali della precedente versione e Pi rappresenterebbe Richard Parker, la tigre. Il punto fondamentale è: qual è la storia migliore? Nessuno, né i giapponesi nel libro, né lo scrittore nel film, ha dubbio alcuno: la storia migliore è quella con i quattro animali. E Pi osserva che certamente è quella preferita da Dio. Ora, se è vero che non cade foglia che Dio non voglia, la storia di Pi è vera. In caso contrario, si può fare la seguente considerazione: la seconda versione è tanto penosa per l’essere umano che la divinità se ne vergognerebbe, almeno secondo Pi. Oppure Pi ha sentito l’esigenza di adeguare la versione più realistica a quella che, sempre secondo il proprio sentire, poteva essere una versione dei fatti più gradita a Dio? Non sarebbe poi questo un atto di arroganza, da parte di Pi?

 

A ciascuno la versione che preferisce. A me piacciono gli animali più di certi esseri umani.

Alla prossima!

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