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Testi per il web: lunghi o brevi?

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Pillola rossa o pillola blu? Testi per il web lunghi o brevi? Be’, in questa sede posso al massimo provare a dare una risposta ( = opinione) sul quel che riguarda la seconda domanda. Essa, infatti, è lecita. Però, temo, ha ormai fatto il suo tempo. Vale la pena, comunque, provare a fornire una prospettiva sulla questione.

Non a caso, le scuole di pensiero al riguardo esistono. E se esistono diverse scuole di pensiero, allora esistono opinioni che possono divergere, mi sembra logico. Discutiamone e vediamo cosa ne salta fuori.

Testi per il web: quali sono?

Non a caso, ho parlato di prospettiva e l’ho fatto a ragion veduta: lo pseudo problema sulla lunghezza dei testi non avrà mai una soluzione univoca. Tuttavia, dal mio punto di vista, si comincia da qui: la domanda sui testi digitali è mal posta, se riguarda la loro lunghezza. Infatti, la questione più significativa non riguarda la scelta tra “cioccolato al latte” e “cioccolato fondente”.

Prima di tutto, bisognerebbe chiedersi COSA scrivere e quale può essere la FORMA migliore per scriverlo.

Nel fantastico mondo della scrittura persuasiva, commerciale e politica, esistono diverse tipologie di testo:

  • claim e payoff;
  • pagine di siti web;
  • blog post;
  • copy per social network;
  • newsletter;
  • adv;
  • sales letter;
  • microcopy per app;
  • materiale informativo/pubblicitario cartaceo e per cartellonistica;
  • documenti ufficiali, discorsi politici, libri.

Nell’insieme di tutto ciò che non è narrativa, poesia o saggistica c’è di tutto un po’: il lavoro dei copywriter, dei ghostwriter, degli speechwriter, dei digital marketer e, per finire, degli ux writer. Per adesso, possiamo per ora escludere quel che riguarda l’offline e concentrarci cosa accade online.

In ogni caso, ci ostiniamo a semplificare tutto parlando di “lungo” o “corto”.

Le “scuole di pensiero” si scontrano più di quanto piacesse farlo a Socrate e ai Sofisti. La guerriglia va avanti da anni, a suon di post, newsletter e corsi di formazione: i testi su cui si perde il senno sono i blog post, i testi per i siti web, le newsletter, le sales letter, i copy per i social network.

Rallegrati! Non ho fondato la mia scuola e mai la fonderò. Tuttavia, essendo un’operatrice piuttosto attiva nell’ambito, ho la mia opinione sulla questione. Ed essa è tale, almeno per ora, rispetto all’esperienza che ho maturato in questi anni. Certo, non per partito preso!

Lunghi o brevi?

La questione sulla lunghezza riguarda alcuni testi in particolare. Sinteticamente (molto sinteticamente), ecco perché non riguarda tutti gli altri:

  • claim e payoff sono brevi, per loro natura;
  • per le app, si redigono i cosiddetti microcopy, ossia testi piuttosto brevi e prescrittivi;
  • le ads di Google hanno un limite di testo, quindi la questione non si pone;
  • i documenti ufficiali, i discorsi politici e i libri sono testi particolari, perché: i primi si scrivono rispettando alcune “regole” e devono per lo più essere esaustivi, senza menar troppo il can per l’aia; i discorsi politici devono essere molto persuasivi, però hanno una durata, perché vengono letti, proclamati; i libri devono raccontare o informare e, anche in questo caso, la lunghezza è funzione del contenuto: qualsiasi sia l’argomento del libro, può essere trattato in 3 capitoli oppure 30, conta però che lo faccia.

Dov’è la chiave di lettura per risolvere lo pseudo problema trattato? Risiede nella lunghezza che è funzione del contenuto.

Ho fatto la scoperta dell’acqua calda. Oddio, non l’ho fatta io sola: l’abbiamo fatta tutti. Mi spiego: quante volte abbiamo detto che:

  • si scrive rispetto al pubblico;
  • si scrive considerando il medium da utilizzare;
  • si scrive tenendo conto del genere di messaggio da veicolare?

Il motivetto lo conosciamo bene e inizia anche a stufare, perché lo ripetiamo tutti i giorni su Facebook, su LinkedIn, nei corsi di formazione, nelle dirette live e…niente, la domanda la facciamo ancora.

Ma bisogna scrivere il giusto e parlare di un testo lungo 10 o lungo 1000 toglie anche un po’ di complessità alla questione. E ora non dite che banalizziamo sempre, a furia di parlare di cose complesse. Non banalizzo affatto, anzi. Sommessamente, ricordo che le armi della persuasione sono sottili e, tanto per dire, si può essere convincenti anche con una battuta di 10 parole.

Che barba, che noia, che noia e che barba! Ok, lo so cosa stai per dire: “Ma Google vuole i contenuti lunghiiiiiiiii!” – “Ma Sig.Guru ha detto che possiamo scrivere i post lunghi su Facebook!” – “Il Più Grande Copywriter d’Italia dice che le sales letter devono essere lunghe 50 pagine!

Va bene, che problema c’è? Evidentemente, per i loro lettori, per quel che scrivono, per quel che vogliono realizzare va benissimo così. Dobbiamo adeguarci tutti? Non è affatto detto. L’esperienza ti guida e, naturalmente, in certi casi l’esperienza può aiutarti solo se analizzi l’andamento delle cose.

Ti propongo almeno qualche esempio, altrimenti questo discorso resta comunque molto teorico. Consideriamo blog post e copy per social network, ad esempio.

I blog post

“I blog post devono essere lunghi, lunghi! Google li vuole così. Altrimenti non mi dà un buon posizionamento! Devo scrivere almeno 2500 parole!”

E un libro no?! Ecco, il punto è questo: qual è lo scopo di un blog post? Sicuramente, un articolo di blog non sostituisce né un saggio scientifico né un libro. Per lo più, serve a informare (e persuadere) un lettore, trasferendo conoscenze e informazioni, facili da gestire in termini di lettura e di comprensione.

Ma esistono diverse tipologie di blog post e a esse corrispondo chiavi di ricerca di tipo differente. Ad esempio, un guida specifica su un certo argomento può essere lunga 1000, 2000, 3000 parole: in questo caso, si punta a essere esaustivi e bisogna stare molti attenti alla struttura del blog post, senza dimenticare – Zeus ce ne scansi e liberi! – di inserire nel testo la tavola dei contenuti.

Se lo desideri, puoi anche leggere: Come scrivere un blog post: la struttura

Poiché questi sono testi che rischiano di essere davvero molto lunghi, è probabile che le statistiche diano un risultato non positivo, per quel che riguarda il tempo di permanenza del lettore sulla pagina. Magari il lettore è interessato solo ad alcuni aspetti del tema affrontato e preferisce leggere solo i paragrafi che lo trattano. Vien da sé, il blog post è utile, forse non interamente. Purtroppo, sempre che tu non voglia monitorare ciò che accade davvero sulla pagina durante la lettura, con strumenti come Crazy Egg, non puoi capire cosa accade davvero.

Per contro, che un approfondimento su un topic specifico (Es. Cosa mangiare a Napoli) sia lungo 700, 1500 o 3000 parole ha poca importanza. E sai perché? Risponde a una domanda specifica e, se sai usare bene “Le persone hanno chiesto anche”, può anche portarti molto traffico: non è un testo argomentativo, perché veicola delle informazioni in modo molto semplice, chiaro e sintetico. Nel caso, è un testo che può sempre essere ampliato. Fatto sta, può comunque tornare utile alla tua audience. Se questo dato viene intercettato e valutato da Google positivamente, possiamo anche non affliggerci della sua lunghezza o brevità.

I social network

La sostanziale differenza tra il lettore di un blog post e coloro che sono in collegamento con te sulle piattaforme social è presto definita.

Il lettore che proviene da Google ti sta cercando ed è per questo che devi farti trovare! Coloro che fanno parte della tua rete ti tengono davanti agli occhi – con il beneplacito degli algoritmi, ovvio – e, il più delle volte, in modo del tutto accidentale. Per leggere i tuoi post devono essere agganciati.

E come si “agganciano” le persone? Come i pesci, cioè con gli ami. E gli ami sono parole/immagini opportunamente scelte. Anche qui la questione della lunghezza è relativa. Tralasciando Twitter, che si è sempre dato un limite, Facebook, LinkedIn e Instagram ti mettono a disposizione un bel po’ di spazio.

“Ma le persone non leggono!”

Può accadere, e anche spesso, ma non accade sempre. Se la cerchia di persone è quella giusta e coltivi un po’ di relazioni virtuose, i post si leggono sia di un rigo sia di 20 righi. Parliamo di una minoranza di utenti coraggiosi, ma, a ben vedere, è questa minoranza quella che conta. Vien da sé, più la platea mostra di essere distratta e più conviene:

  • relazionarsi il più possibile con le persone;
  • strutturare bene i testi;
  • stuzzicare una curiosità;
  • accompagnare chi legge a seguire il tuo percorso logico;
  • piazzare le parole giuste nel posto giusto.

Tutto questo, vale in modo particolare per Instagram, dove vige la legge del do ut des, della leggerezza che altro non è che superficialità, dove ad agganciare sono le immagini suggestive – gente che a Bali fa cose improbabili.

Un discorso similare si può fare per newsletter e sales letter, la cui lunghezza viene definita sempre e comunque sui soliti parametri:

  • il tipo di pubblico;
  • il grado di conoscenza che il pubblico ha di te e di ciò fai;
  • dalle tue abilità di scrivere testi coinvincenti.

Insomma, per essere convincente può bastarti una sales letter di 10 pagine soltanto? Benissimo! Te ne servono 30? Benissimo lo stesso! Il punto è che deve esistere un obiettivo e lo “spazio ideale” da occupare per raggiungerlo. Ma lo spazio ideale non si ottiene con una formula magica, ma grazie all’esperienza. A presto!

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