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Quanto scrive un copywriter ogni giorno?

Quanto scrive un copywriter ogni giorno

Quanto scrive un copywriter ogni giorno? Meglio ancora, quanto scrive un BUON copywriter ogni giorno? Semplice! Dipende da quanto si sente una vera e propria scimmia da tastiera.

Ci sono i leoni da tastiera e ci sono le scimmie da tastiera. I primi sono le persone sempre pronte ad aggredire il prossimo, nella consapevolezza di possedere una barriera difensiva (quasi) infallibile: lo schermo.

Le scimmie da tastiera sono persone che fanno il mio lavoro, cioè sono copywriter, e credono che la “bontà” del professionista consista nella quantità di testo scritto ogni giorno. Credono che la produttività sia davvero la quantità di testo scritto quotidianamente.

In altre parole, fanno a chi ne fa di più lunghi – non è una battutaccia; ti hanno mai detto che la malizia è negli occhi di chi guarda?

Produttività e quantità

Fiumi di parole! Ore e ore trascorse a pigiare aggressivamente sulla tastiera. Doppi schermi, tripli schermi e chissà quanti altri monitor. Chi scrive articoli, chi sales letter. Chi non ci capisce più niente, chi decide di mollare, chi invece si fa ancora più scimmia. E il cielo è sempre più blu.

Sono come al solito provocatoria, ma in realtà il punto è proprio questo: quando si fa coincidere la produttività del copywriter con la quantità di testo che scrive in un giorno, allora non siamo altro che scimmiette abili a usare tastiere.

Sia chiaro che la mia non è una tiritera che ha come obiettivo quello di colpire in modo indiscriminato chiunque riesca a scrivere molto ogni giorno. Il punto non è questo, perché la sostanza della questione sta altrove. Sottolineo che mi preme rendere manifesta la logica distorta che rende “legge” l’equazione produttività e professionalità = quantità.

Quanto scrive un copywriter?

Hai mai chiesto ai graphic designer quanti loghi fanno al giorno, ad esempio? E quanti siti web creano quotidianamente i web designer?

Se non ti sei mai posto la domanda, sei sulla via di Damasco. Se ti salta in mente di farlo, spero che non incappi in un creativo che ha avuto una pessima giornata. So io cosa farebbe, ma scriverlo qui sarebbe come proiettare un film di Tarantino.

In genere le scimmie da tastiera rispondono in modi esemplari alla domanda magari ingenua dei principianti: quanto scrive un buon copywriter ogni giorno?

“Scrivo 8000 parole al giorno!”

E tirittitì! Dimmi chi ha pensato alla ricerca delle fonti e/o alla ricerca delle parole chiave. Dimmi chi ha fatto le analisi di mercato e lo studio di settore. E chi fatto la strategia di content marketing. Qualcuno si è posto il problema dell’usabilità, del content design?

Ecco perché ci si sente e si viene trattati da scimmie. Solo l’esecuzione meccanica di un compito può verificare l’equazione produttività = quantità. Ma possiamo noi scrivere meccanicamente? No.

O magari sì, ma in questo caso facciamo più bella figura quando NON ci azzardiamo a chiacchierare di qualità, quando NON ci lamentiamo di quanto sia ideato in modo rozzo e grossolano ciò che leggiamo nel web. Infine, non possiamo lamentarci del fatto che trascorriamo gran parte del nostro tempo a fare un mestiere noioso, che ci aliena.

“Scrive almeno una sales letter al mese.”

Ok, ma devi trovare clienti per cui scrivere almeno una sales letter in 30 giorni! Non è mica detto che tutti abbiano questa necessità. Fermo restando che la redazione di una sales letter è davvero un ottimo esercizio di copywriting. Ma anche così non esiste una ragione per la quale debba essere un’attività superiore rispetto a un microcopy.

Sei capace di convincere una persona a fare qualsiasi cosa con la stessa sinteticità con cui Salvatore Quasimodo raccontava la condizione umana?

Noi non dobbiamo fare poesia, chiaro. Ma cosa ci viene chiesto di fare quando dobbiamo pensare a un payoff? E al nome di un nuovo brand? Ci viene chiesto di concentrare concetti, suggestioni, valori in pochissime parole. Per farlo, magari sono necessarie diverse ore di lavoro. E vogliamo ancora parlare di quantità in certi termini? Suvvia!

“Di sicuro non scrivono articoli!”

Ecco una delle mie castronerie preferite. Così tanto imbottita di boria che se fosse un panino finirebbe dritto dritto in onda su Camionisti in trattoria.

La castroneria in questione intende tralasciare almeno due dati di fatto importanti. In primo luogo, confonde gli articoletti dei magazine che racimolano visite, per guadagnare con i banner pubblicitari, con i blog tematici (aziendali, ad esempio). E credere ciò è assolutamente ingenuo o addirittura affermato in cattiva fede.

Sentiamo la necessità di affermare la superiorità dell’offline sull’online? A questo punto si hanno gravi problemi con la realtà.

Quanti vivono solo di offline, oggi? Ci siamo accorti che le regole di base (buone pratiche, principi fondamentali o come dir si voglia) del copywriting sono sempre le stesse?

Una delle capacità più apprezzabili del professionista consiste nel saper applicare le buone pratiche a una brochure, a una newsletter, all’home page di un sito web, ADDIRITTURA a un blog post. Si chiama versatilità.

Puoi specializzarti* cioè scegliere di specializzarti in un ambito specifico, ma ciò non ti rende una persona migliore né ti farà guadagnare il paradiso, baby!

La conclusione sintetica delle mie osservazioni sull’argomento: conta la qualità di ciò che scrivi ogni giorno. Magari ci sono giorni in cui sei soddisfatto di quanto hai scritto. E ci sono i giorni in cui va bene aver scritto poco, quel poco che ti sembra sufficiente per raggiungere il tuo obiettivo comunicativo. Sì, forse dovremmo parlare di obiettivi di comunicazione.

E non solo di questo. Dovremmo forse accettare un’idea: il copywriter che scrive eseguendo i compiti assegnati è una risorsa aziendale, assunta e con contratto. Tutti gli altri, i freelancer pagati troppo poco e con partita IVA, devono essere strateghi. Insomma, devono sapere quali contenuti scrivere, perché e per chi. Devono deciderlo, assieme a chi sceglie di investire seriamente nella comunicazione online e offline: le aziende, i piccoli imprenditori, i professionisti e così via.

Per tutto il resto, c’è il mercato che paga troppo poco per far venire voglia anche di prendere un caffè al bar con gli amici. A Napoli addirittura a meno di 1 euro non si trova quasi più, un caffè. Fatti i conti.

A presto!

*Spesso si usa la parola “verticalizzarsi” come sinonimo di “specializzarsi”. Non la uso mai, perché “verticalizzare” non è sinonimo di “specializzarsi”. Per approfondimenti, leggi qui.

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