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Visita a Cappella Sansevero

Cappella Sansevero è forse uno dei luoghi più iconici di Napoli. Niente al mondo sembra equiparare la bellezza stupefacente del Cristo velato. È da visitare? Il dubbio non mi viene neppure: una volta nella vita almeno, sì. Riuscirò a convincertene? Spero di sì.

Il Cristo velato e la Macchine anatomiche di Cappella Sansevero

La visita a Cappella Sansevero dura 10 minuti oppure 1 ora. La sua durata dipende da diversi fattori: dall’affluenza turistica, dalla scelta di seguire una guida. Ma sopra ogni cosa, è soggetta ai capricci dell’Arte, una signora egocentrica e prepotente, che può decidere di rapirti per un tempo che non sta a te quantificare.

Per cui, la disposizione d’animo per visitare Cappella Sansevero è la seguente: paziente, rilassata, bendisposta verso il mistero.

Di una cosa sono sicura, ormai, al 110%: per visitare Napoli è necessario avere pazienza per tollerare il disordine; bisognare fare la dieta prima, per ritornare a casa con del peso in più; è necessario accettare una città che ama il mistero, che ha con la vita e con la morte un rapporto caratteristico, così come ho spiegato nel blog post su Santa Luciella ai Librai.

Entri in Cappella Sansevero ed entri nell’arcano. Sappiamo che la cappella si chiama anche Santa Maria della Pietà, è stata fondata nel Cinquecento, ma nel Settecento Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, l’ha di fatto trasformata nel capolavoro enigmatico che oggi ammiriamo stupefatti.

E così possiamo trovarci, oltre al Cristo velato, la Pudicizia, il Disinganno e le Macchine anatomiche – cito solo alcune opere.

Il Cristo velato

Il Cristo velato realizzato da Giuseppe Sanmartino è solo una delle tante opere della cappella. Del tempo l’ho passato a girarci intorno, osservando ogni dettaglio: è difficile spiegare come un uomo possa aver realizzato qualcosa di simile.

Il velo sottilissimo aderisce al corpo martoriato del Cristo, di cui si intravedono le ferite. Addirittura i merletti scolpiti sembrano tessuto. Neanche il piano marmoreo su cui è adagiato il corpo sembra pietra, e le tue mani muoiono dalla voglia di toccare e svelare il segreto, dire al mondo che quello è un letto, morbido e cedevole sotto il peso del cadavere.

Cadavere? Forse sì o forse no. Michelangelo ha catturato Davide nel momento immediatamente precedente il lancio del colpo fatale per Golia. Sanmartino potrebbe aver rappresentato il Cristo che riprende fiato, inspira e ritorna a vivere: l’attimo che precede l’alba, la vittoria sugli Inferi.

Il Disinganno e la Pudicizia

Senza nulla togliere a Sammartino, degna di nota è anche la Pudicizia che, forse, è davvero la mia opera preferita di Cappella Sansevero. Eseguita da Antonio Corradini, mi lascia senza parole perché anche il suo velo è così sottile da far venire il dubbio che non sia marmo.

E poi è una rappresentazione ambigua e mi attrae proprio per questo: a dispetto del nome, è un corpo vergine che possiede una forte carica sensuale, che si scopre con timidezza, ma si concede senza riserve. Non è il pudore di chi fugge, ma quella ritrosia in fondo piacevole, che precede l’attimo in cui il velo cade per mostrare la pienezza delle forme.

Il Disinganno anche è notevole, con la sua rete che, indovina un po’, faticheresti a non credere fatta di corda. E la sua espressione è eloquente: è sorpresa, ma non è ancora disappunto per aver finalmente compreso di essersi illuso. L’autore dell’opera è Francesco Queirolo.

Le Macchine anatomiche

Le odio, le Macchine anatomiche. Non per un fatto morale: esiste una storia a suo modo fantasiosa al riguardo. Le detesto perché mi fanno senso: quei fasci sottili, di materiali vari che rappresenterebbero il nostro apparato circolatorio, mi disgustano.

Eppure sono degne di nota ugualmente. Sono due scheletri, uno maschile e uno femminile, realizzati dal anatomopatologo Giuseppe Salerno. Il soggetto maschile è stato acquistato dal principe, il quale ha commissionato a Salerno anche la rappresentazione del sistema circolatorio del soggetto femminile.

La leggenda racconta di strani esperimenti eseguiti sui vivi. Sappiamo, per l’appunto, che quella che vediamo è solo una “copia”, forse avanzata per quel tempo, dei nostri vasi sanguigni. Cosa, poi, fossero in grado di fare i medici del Settecento pur di studiare l’anatomia umana…be’, non voglio saperlo.

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Cappella Sansevero: orari e biglietti

Cappella Sansevero si trova in pieno centro storico di Napoli, tra Piazza San Domenico e Via dei Tribunali. Puoi raggiungerla a piedi venendo dalla fermata della metropolitana di Dante oppure Università.

La visita a Cappella Sansevero richiede la prenotazione obbligatoria. Il museo è chiuso il martedì, negli altri giorni è aperto dalle 9 alle 19. E queste sono le tariffe dei biglietti:

  • biglietto ordinario 10€;
  • biglietto ridotto (ragazzi da 10 a 25 anni) 7€;
  • gratis per bambini fino a 9 anni.

Per ulteriori informazioni sulle agevolazioni e gli ingressi per gruppi, ti invito a consultare il sito web del museo.

Come forse hai notato, questo blog post non è corredato da mie fotografie: in cappella non si fotografa e non si riprende. E forse è bene così.

Del resto, per creare certi effetti non potresti che utilizzare filtri vari e Photoshop. Invece, l’occhio umano è in grado di vedere cose che l’obiettivo non coglie: è anche per questo che la visita dura, per ognuno di noi, il giusto tempo. A presto,

Bruna Athena

1 commento su “Visita a Cappella Sansevero”

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