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OnlyFans, cioè come appagare il bisogno di stima attraverso il sesso

Perché esistono alcuni business che (se condotti bene) funzionano alla grande, anche se non sono per nulla originali? La risposta alla domanda non è straordinaria. È quasi banale. Funzionano bene perché soddisfano bisogni. Già, ma quali? A partire da alcune riflessioni su OnlyFans, ecco qualche considerazione sul marketing.

Perché OnlyFans ha successo

Sto ascoltando dei podcast davvero molto appassionanti a proposito di OnlyFans, a cura de IlSole24Ore: Comprami.

La serie vuole indagare il fenomeno OnlyFans, che oggi permette a una generazione di persone giovanissime di ottenere guadagni stratosferici vendendo la “cosa” più venduta di sempre: il sesso. È una faccenda piena di ombre: per chi vende il servizio, per chi lo compra.

Si guadagna tantissimo: se si è disposti a lavorare full-time per il proprio profilo; se si è disposti a fornire un “servizio sartoriale” al pubblico; se si accettano tutti i rischi che derivano dal voler permettere al lavoro di invadere la sfera privata (l’intimità, in questo caso, propria o addirittura di coppia); se si è consapevoli del fatto che ciò che entra in Internet NON si cancella.

Si spende tantissimo: se si cerca di soddisfare bisogni elevati a partire dalla soddisfazione fisiologica.

Ed è questo l’aspetto della questione su cui ora desidero riflettere. Tant’è, ormai la piramide di Maslow la conosciamo, no? Alla base ci sono i bisogni fisiologici (mangiare, dormire, riprodursi e via dicendo), in cima si trova il bisogno di autorealizzazione. Appena sotto questo, c’è il bisogno di stima.

Sgancio subito la “bomba”: OnlyFans permette di guadagnare tanti soldi perché le persone sono disposte a pagare non tanto il sesso, ma il modo in cui il sesso riesce a soddisfare bisogni più elevati, come il desiderio di sentirsi stimati e apprezzati.

È tutto estremamente logico. A chiederselo sono gli stessi amministratori di agenzie che gestiscono la mole massiccia di lavoro degli account di OnlyFans più quotati.

Perché pagare per contenuti pornografici, se c’è una bella porzione di pornografia accessibile gratuitamente?

Perché OnlyFans ti convince che quelle immagini, quelle parole scambiate in chat sono proprio RISERVATE A TE.

Esclusività e sartorialità

Altro che bomba. In realtà, dal punto di vista del marketing è proprio la scoperta dell’acqua calda. Da quanto tempo parliamo di sartorialità e di esclusività? Da tanto tempo. Da quando è più facile ottenere ciò che soddisfa i bisogni più essenziali, ma resta comunque più complicato appagare i più elevati.

Dietro a soldi che padri di famiglia spendono per acquistare 30 secondi di video non c’è solo la soddisfazione della più ovvia necessità fisiologica. C’è il desiderio di essere accettati, di essere adulati, di sentirsi speciali.

In fin dei conti, una certa attenzione all’esclusività la dedichiamo a quei contenuti che nei piani di marketing esistono appositamente per fare i cosiddetti follow-up, cross-selling, up-selling.

Sono quelle “coccole” in forma di offerta dedicata, di codice sconto solo per te, invito esclusivo e compagnia bella. Adulazioni e niente di più. Però, grossomodo, adulazioni che funzionano.

Questi messaggi passano in forma così esplicita via newsletter o tramite campagne di advertising. Parlo, quindi, di strumenti in cui le tecniche di copywriting utilizzate sono le più audaci: spesso il pain (la percezione del problema) è molto enfatizzato e si sfrutta il bisogno di autorealizzazione per vendere cose non così necessarie.

Ad esempio, è come voler vendere l’iPhone a una persona che potrebbe spendere meno per avere un ottimo smartphone comunque, ma desidera più che altro la sensazione che dà il possedere lo smartphone che, nella percezione comune, è il migliore in assoluto sulla piazza.

In altre parole, se la vera necessità non è materiale, le persone non comprano i soli oggetti. Comprano la sensazione che dà possedere un oggetto (o vivere un’esperienza).

Quando si fa marketing, quando si fa comunicazione e anche quando si lavora, non piace a nessuno sentirsi uno fra i tanti. Tutti indistintamente, e chi più e chi meno, preferiamo essere stimati, ammirati per chi siamo e per quello che facciamo, anche in via eccezionale.

Forse anche tu hai desiderato un privilegio esclusivo e ottenerlo ti ha dato grande soddisfazione (pensaci).

Viene di conseguenza: anche nel mondo in cui l’intelligenza artificiale scrive abbastanza bene, resta necessario che un testo – ma dovrei parlare di strategia – sia abbastanza appagante per chi lo legge. E tale qualità è valutabile da un soggetto umano, almeno per ora. Sì, questo riferimento all’AI in chiusura è stato un tiro mancino. Che vuoi farci, forse sono ambidestra 😉

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